La situazione dell’energia nucleare in Europa può così riassumersi: 197 reattori in funzione con una potenza complessiva di 170 giga watt pari al 35% del fabbisogno complessivo di energia elettrica e 13 impianti in costruzione con una potenza stimata pari a circa 12 giga watt. Il paese europeo che ha il maggior numero di centrali nucleari in funzione è la Francia con un totale 59 impianti e con una quota di energia elettrica prodotta(caso unico al mondo) pari a circa l’80% delle necessità nazionali. Ovviamente per avere una giusta comparazione dei dati non ha senso considerare il numero degli impianti ma bensì la quota sul totale di energia prodotta col nucleare. La Francia, in questa speciale graduatoria, è seguita da: Lituania col 70%(prodotta con un solo reattore), Belgio col 56%( 7 reattori), Repubblica Slovacca 56%(5 reattori), Svezia col 46%(10 reattori) e fanalini di coda Italia(che pure ha avuto un passato nucleare), Grecia e Portogallo con 0 reattori attivi. Aggiungiamo, per rendere il più possibile comprensibili tali dati, che il numero totale di centrali attive nel mondo sono 440 di cui 104 sono negli Usa con una percentuale sul totale di energia pari al 20% subito dopo c’è la Francia con i suoi 59.La quota di energia elettrica prodotta nel mondo col nucleare è del 16% del totale complessivo. Tale valore, anche se considerevole, è molto lontano dalle stime che si facevano negli anni settanta in cui si ipotizzava una potenza dell’ordine dei 1000 giga watt. Su tali fallaci stime hanno pesato fondamentalmente due fattori: la fine della guerra fredda e una serie di gravi incidenti (Chernobyl su tutti). Esaminiamo separatamente le due argomentazioni. Il nucleare ha sempre avuto e continua ad avere(vedi il caso dell’Iran) una sua valenza militare per cui si è sviluppato col contributo, quasi esclusivo, di investimenti pubblici(per i tempi lunghi e per l’elevatissimo costo ha scarse attrattive sul privato) e quindi con la fine dei due blocchi ,venuta meno la corsa agli armamenti nucleari, si è perso progressivamente interesse a per la costruzione di nuovi reattori. Gli incidenti hanno creato un forte movimento della opinione pubblica europea e mondiale contrario all’atomo, che ha finito per influenzare gli orientamenti politici. L’ultima grave crisi energetica però (col costo del barile di petrolio alle stelle) e la contemporanea presa di coscienza dei mutamenti climatici indotti dalle emissioni di anidride carbonica per l’uso di combustibili fossili hanno riproposto all’attenzione europea la scelta nucleare. A tali considerazioni si sono aggiunti anche i progressi della tecnologia che ha realizzato i reattori di IV generazione che dovrebbero assicurare “sicurezza intrinseca”: spegnimento della reazione a catena in caso di incidente. La situazione nucleare in Europa rimane, però, complessivamente di attesa. Si preferisce, con ammodernamenti tecnologici, di prolungare la vita degli impianti esistenti sperando in una futura soluzione scientifica dei problemi irrisolti della fissione nucleare. Anche gli impianti già in cantiere, omologandosi a questa filosofia, tardano a decollare. Il futuro sembrerebbe essere riposto nei reattori a fusione nucleare (scorie minime e poco pericolose e gran quantità di energia prodotta). A Cadarache in Francia è iniziata la costruzione della prima centrale a fusione su progetto mondiale chiamato ITER che dovrebbe accendersi presumibilmente nel 2040. Approfondimenti su: Energia nucleare in Europa in energia nucleare nel mondo o in energia .