Uno dei punti più controversi sull'utilizzo degli inceneritori come sistema per lo smaltimento dei rifiuti sono le conseguenze che le emissioni hanno sulla ambiente e sulla salute dei cittadini.
Contrariamente a quanto si potrebbe essere portati a pensare l'incenerimento di una sostanza non comporta la sua distruzione. La materia si conserva e di conseguenza l'incenerimento comporta solo una sua trasformazione.
Se consideriamo l'intero processo di incenerimento al termine si ottiene un residuo di scorie solide che è circa il 15% in peso del prodotto trattato ed un 5% di ceneri. Il restante 80% non è andato distrutto ma va via attraverso il camino come prodotto gassoso e particolato che sfugge ai sistemi di filtraggio.
Il particolato è costituito da particelle del prodotto trattato incombuste del diametro inferiore ai 2,5 nano metri che i sistemi più moderni di filtraggio non riescono a trattenere.
Da quanto detto risulta evidente che pensare che un impianto di tale tipo possa non generare prodotti inquinanti è ridicolo. Si tratta quindi di appurare se è possibile contenere le emissioni entro dei valori ritenuti (possibilmente in maniera condivisa)non nocivi per la salute dei cittadini e dell'ambiente circostante. E' evidente che il problema non è di facile soluzione. La Comunità Europea ha emanato una normativa a cui dovrebbero sottostare i valori di determinati inquinanti emessi dagli inceneritori. Tuttavia tali parametri non sono universalmente accettati ed un organismo internazionale come Greenpeace li contesta apertamente.
I principali inquinanti che si tenta di mantenere sotto controllo sono i metalli pesanti che possono sfuggire al filtraggio dei fumi e le diossine(composti eterociclici derivati dal benzene con sostituzione di due atomi di carbonio con 2 di ossigeno). Per dette sostanze esistono evidenze scientifiche inconfutabili che possano generare patologie tumorali e produrre effetti mutageni. La battaglia è quindi sulla soglia di tollerabilità e sulla metodologia del monitoraggio. La normativa europea presuppone un monitoraggio di tipo puntuale. Greenpeace contesta tale sistema ritenendolo inadeguato e considerando che l'unico monitoraggio serio è quello che segue l'evoluzione del parametro nel tempo. Metodologia scartata perché ritenuta lunga e costosa.
Altra contestazione mossa alla metodologia europea è di considerare i singoli inquinanti singolarmente e non in sinergia tra loro. Sinergia che può incrementarne significativamente gli effetti.
Ed ancora di considerare soltanto gli inquinanti primari ossia quelli misurati al camino e non quelli secondari ossia quelli che possono aversi per reazione degli inquinanti primari con l'ambiente.
Studi epidemiologici condivisi sulle popolazioni esposte agli effluenti degli inceneritori non esistono o almeno non sono noti.
Ancora più controversa è la questione del particolato di diametro inferiore ai 2,5 nano metri per il quale il limite è imposto dalla attuale tecnologia che non è in grado di produrre sistemi filtranti che scendano sotto tale soglia. Se poi detti prodotti siano dannosi o meno per la salute è ben altro discorso. Sicuramente date le loro piccolissime dimensioni penetrano a livello di alveoli polmonari e da li vengono trasferite nel circolo sanguigno. E mancano studi su soggetti esposti per lungo tempo alla loro azione. Inoltre tali particole trasportate dal vento vanno a depositarsi in ambiti anche lontani dalle immediate vicinanze dall'impianto e la loro deposizione al suolo inquina colture e falde acquifere.
Approfondimenti su: Inceneritori e salute in energia Ambiente.