La necessità dello utilizzo di biocombustibili per la produzione di energia elettrica nasce dall'esigenza, ogni giorno più impellente, di sfruttare al massimo le fonti energetiche rinnovabili. Esigenza dettata da una duplice e drammatica combinazione: le mutazioni climatiche in atto, il raggiungimento per le fonti energetiche di origine fossile del famigerato picco di estrazione (la produzione di una qualsivoglia risorsa mineraria segue nel tempo una curva a campana: cresce fino a raggiungere un massimo dopo di che decresce fino ad annullarsi). Le mutazioni climatiche sono prodotte dalle emissioni di gas serra (fondamentalmente CO2) sottoprodotto di combustione di derivati petroliferi e gas naturale. La momentanea soluzione del problema, in attesa delle energie del futuro (grandi speranze sono riposte nella fusione nucleare) , è di diversificare il più possibile le fonti energetiche e di sfruttare al massimo quelle rinnovabili. Tra le fonti rinnovabili ruolo essenziale rivestono le biomasse e quindi i biocombustibili. Biocombustibili da utilizzarsi non solo nel settore dei trasporti dove, d'altronde, già giocano un ruolo importante ma anche per la produzione di energia elettrica. Sicuramente l'impiego dei biocombustibili richiede una ponderata oculatezza altrimenti si rischia, nel tentativo di risolvere un problema, di generare uno di portata maggiore. Forniamo un esempio per chiarire il concetto. L'alimentazione di una centrale a biomasse (materiali ligneo cellulosici derivanti da scarti dell'agricoltura) data la scarsa densità energetica del combustibile richiede grandi quantità di questo ultimo che non sempre è reperibile in zona. Se perciò le distanze di conferimento superano determinati limiti la produzione energetica diviene economicamente sfavorevole e solo pubblici incentivi possono consentire la sopravvivenza di siffatti impianti. A tutto ciò va aggiunta anche la considerazione che anche il bilancio delle emissioni di CO2 potrebbe divenire sfavorevole se si conteggia quella prodotta dal trasporto. Una soluzione può essere costituita da piccole centrali alimentate da colture in loco a rapida crescita dedicate esclusivamente a produzione energetica. Sono già in funzione in molti paesi centrali alimentate con una erba della famiglia delle graminacee: il Miscanto che ha una elevata produttività e redditività. Nel nostro paese sperimentazioni di tale tipo vengono condotte in Sicilia dall'ENEA. Altra possibile soluzione è nel caso di centrali di grossa taglia è l'utilizzo come combustibile di oli vegetali. Oli che hanno sicuramente una maggiore densità energetica ed anche di massa e che quindi rendono economicamente conveniente il trasporto da grandi distanze. Naturalmente anche questa soluzione non è scevra di risvolti negativi. Gli oli vegetali (per lo più olio di palma per il suo rapporto prezzo qualità) provengono quasi esclusivamente da paesi come Indonesia e Malaysia dove per incrementarne la produzione si sono disboscate enormi aree di foresta pluviale con i danni connessi. Inoltre in tali paesi le grandi coltivazioni gestite da multinazionali sottraggono terreno all'agroalimentare facendo lievitare il prezzo dei generi di prima necessità. Da quanto detto risulta evidente che l'utilizzo dei biocombustibili per produrre energia elettrica è utile e necessario ma gli impianti richiedono una attenta progettazione. Vanno privilegiati piccoli impianti che si alimentano di prodotti locali (scarti di agricoltura e dell'industria agroalimentare, prodotti ligneo cellulosici derivati da una corretta gestione delle risorse boschive, colture dedicate derivanti dal recupero di terreni incolti). In tal maniera non solo si salvaguarda l'ambiente e si risparmiano combustibili fossili ma si generano nuove opportunità di lavoro per le comunità locali. Approfondimenti su: Biocombustibili per la produzione di energia elettrica in energia Ambiente.