Le stufe a kerosene, care ai nostri nonni, sono ritornate in circolazione, grazie al revival di oggetti che sembravano destinati all’archeologia industriale. Infatti, con gli aumenti stratosferici della bolletta energetica che hanno raggiunto il picco massimo nel mese di luglio del 2008 (prezzo del barile di petrolio a 150$) e con un inverno 2009 alquanto rigido sono ritornate in auge dopo molti anni di soffitta le vecchie e quasi dimenticate stufe. Il concetto che è alla base del loro rinnovato utilizzo è che, in tempo di crisi, ci si accontenta di riscaldare solo noi stessi o quantomeno solo l’ambiente in cui si dimora anzi che riscaldare l’intero appartamento. Il kerosene è un idrocarburo che in condizioni normali di temperatura e pressione è allo stato liquido. Composto da catene di carbonio con numero di atomi compresi tra 12 e 15 è ottenuto per distillazione frazionata del petrolio greggio con temperature che vanno da 150°a 275° (fazione intermedia tra gasolio e benzina). Il kerosene in passato veniva usato fondamentalmente per alimentare lampade da illuminazione, stufe e fornelli . Questo uso è ancora diffusissimo nei paesi in via di sviluppo e non solo. In India ad esempio nelle zone povere resta ancora il combustibile più usato dalle classi meno abbienti. Stesso discorso vale anche per Pakistan, Iran, Iraq, Afganistan. Ed anche nel civilissimo e progredito Giappone il Kerosene rimane il combustibile più usato per il riscaldamento. Le stufe vengono posizionate sotto il “Kotasu” tavolo basso rivestito di stoffa intorno al quale ci riunisce come da noi intorno al camino. Ovviamente le stufe a kerosene moderne son alquanto diverse da quelle puzzolenti utilizzate dai nonni anche se il principio di funzionamento delle più semplici (a stoppino) è rimasto lo stesso. Un serbatoio rimovibile per facilitarne il caricamento contiene il combustibile e pesca in un serbatoio fisso che alimenta con una valvola a spillo. Lo stoppino che riveste il bruciatore ha il piede che pesca nel serbatoio fisso. Il combustibile per capillarità sale lungo lo stoppino e raggiuntane la sommità in fibra di vetro viene a contatto con una candeletta incandescente e si incendia. La fiamma resta all’interno del bruciatore e raggiunge temperature tra i 900°ed i 1200 °C. Fondamentale per un corretto funzionamento della stufa è un costante ricambio dell’aria. Se la combustione avviene in ambiente povero di ossigeno anzi che aversi come prodotti finali vapor d’acqua e anidride carbonica si ottiene ossido di carbonio. L’ossido di carbonio al contrario dell’anidride carbonica è un gas inodore e velenosissimo si combina con l’emoglobina del sangue (sostanza che trasporta l’ossigeno alle cellule) formando un composto stabile. Le stufe moderne hanno delle sonde che misurano la presenza di CO e bloccano la combustione. I modelli più sofisticati di stufe a kerosene sono dotate di un bruciatore a doppio stadio. Nel primo stadio di questi si ha una prima combustione in cui il combustibile viene bruciato raggiungendo una temperatura di 900°C circa. I prodotti della reazione ovviamente gassosi vengono convogliati dall’afflusso di aria nel secondo stadio del dove avviene la seconda combustione a 1200°C. In questo mondo non si hanno né fumi né odori e si può fare a meno di una canna fumaria. Volendo ottenere un risultato ancora migliore: assoluta assenza di prodotti aromatici si possono usare come combustibili i cosiddetti “Zibro”che chimicamente sono delle isoparaffine e come tali reagiscono perfettamente con l’ossigeno senza sottoprodotti dovuti ad eventuali impurità del Kerosene. Se si utilizzano i “bio Zibro” che sono isoparaffine ottenute da vegetali e non per sintesi di idrocarburi più leggeri la quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera per combustione è uguale a quella assorbita per fotosintesi durante la crescita del vegetale e pertanto il bilancio dell’emissioni di CO2 è a pareggio. Approfondimenti su: Stufa a kerosene in stufe o in energia Riscaldamento.
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